Unione bancaria, ovvero Euro 2.0

Non si capisce bene come mai i banchieri centrali europei, e quelli tedeschi in particolare, si stiano spendendo così tanto per sponsorizzare l’unione bancaria se non si parte da una semplice considerazione. In un sistema finanziario non esiste solo la moneta legale, quella emessa dalla banca centrale e che usiamo tutti i giorni per vivere. Ce n’è un’altra, altrettanto importante, per non dire concorrente: la moneta bancaria.

La moneta bancaria, semplicisticamente, si può definire come una tecnologia di pagamento, ossia come uno strumento che consente a un soggetto economico di saldare i suoi debiti verso i creditori. E, nello specifico, consiste nei depositi bancari e gli strumenti ad essi collegati, come bancomat, carte di credito, eccetera. In pratica tutto ciò che non è denaro contante.

Le banche, quando emettono moneta bancaria, emettono debiti, proprio come le banche centrali, quando emettono moneta legale. Con la differenza che i debiti delle banche corrispondono ai crediti di qualcuno (i depositanti, ad esempio). Mentre quelli della banche centrali sono debiti basati solo sulla credibilità della banca. E basta.

In comune, le due monete, hanno il fatto che circolino per via fiduciaria. Come scrive la Banca d’Italia in un suo documento, “la circolazione della moneta bancaria, ossia il suo effettivo utilizzo negli scambi, poggia sulla fiducia che la collettività ripone sulla capacità della stessa di svolgere una funzione di pagamento al pari del denaro contante”.

Moneta legale e moneta bancaria, insomma, coesistono nella realtà quotidiana.

Ma l’eurozona ha una particolarità. Mentre la moneta legale è stata messa in comune con la creazione dell’euro, quella bancaria è rimasta nella disponibilità degli stati nazionali. Questi ultimi hanno ceduto sovranità per consentire la creazione dell’euro, dato in gestione alla Banca centrale europea. Adesso devono cedere sovranità per unificare non soltanto la moneta legale, ma anche quella bancaria.

Così potrà nascere l’euro 2.0.

Come al solito, è tutta una questione di credibilità. L’euro, moneta legale, trova la radice della sua credibilità nel dogma dell’indipendenza della Bce, che non solo non risponde a nessuno delle sue decisioni ma deve anche obbedire anche al divieto di finanziare i deficit pubblici. Tali finanziamenti, infatti, nel passato sono stati considerati come la causa principale della perdita di credibilità delle banche centrali. Questo in teoria. In pratica stiamo assistendo a massicci finanziamenti dei deficit pubblici da parte della Fed e della BoJ senza che tale credibilità sia risultata diminuita. Ma questa è un’altra storia.

Bisogna chiedersi perciò su cosa poggi la credibilità della moneta bancaria, che le banche europee hanno emesso a rotta di collo finendo con l’essere schiacciate dai propri debiti.

Il problema sta tutto qua: la credibilità della moneta bancaria poggia esclusivamente sugli stati dove queste banche risiedono. Di conseguenza la credibilità della moneta bancaria è direttamente collegata alla credibilità dei bilanci pubblici, che, al momento, sono i primi a doversi fare carico di eventuali salvataggi. In tal modo la credibilità della moneta bancaria finisce con l’essere direttamente collegata con la politica fiscale degli stati. Il che è tutto il contrario di come dovrebbe essere, nel meraviglioso mondo immaginato dagli architetti dell’Ue. Una crisi bancaria, infatti, è capace di terremotare, come in effetti è quasi avvenuto, la moneta unica. Dopo aver fatto tanta fatica per sfuggire alle “pericolosità” provocate dagli stati nazionali, l’Ue rischia di far entrare dalla finestra quello che è uscito dalla porta.

C’è poi un’altra considerazione da fare. Proprio come l’indipendenza ha consentito alla Banca centrale di non finanziare più i debiti degli stati, adesso lo stesso effetto si vuole raggiungere regolamentando l’attività bancaria. Anche questo fa parte del percorso verso l’euro 2.0. Le banche nazionali, infatti, per sostenere i debiti sovrani dopo l’esplosione della crisi degli spread hanno finito con l’imbottirsi di titoli di stato, replicando quello che facevano le banche centrali prima dei vari “divorzi” col Tesoro. Per questo leggete che le banche sono ancora troppo esposte sui debiti sovrani. L’unione bancaria consentirà di spezzare una volta per tutte il legame fra i debiti pubblici e le banche, siano esse centrali o commerciali. Come? Semplicemente facendo notare che la tale banca è troppo sbilanciata su questo o quello e quindi è meglio se magari la smette di comprare titoli dei Pigs che, peggio per loro, al limite falliranno.

Tutto questo, ovviamente, a vantaggio della credibilità e delle magnifiche e progressive sorti della finanza europea.

Si potrebbe semplificare così: l’unione bancaria completa l’unione monetaria. Una volta fissate e messe in comune le regole sulle banche, l’eurozona diventerebbe davvero un’unione monetaria, legale e bancaria insieme.

Se la responsabilità della creazione della moneta bancaria rimane agli stati, al contrario, il processo di unificazione monetaria rimane monco. Da questo punto di vista, la crisi dell’eurozona è stato uno straordinario acceleratore di un processo per sua natura molto lento.

Unificare la moneta bancaria con quella legale significa però, per gli stati, trasferire altra sovranità. La filosofia di fondo, che ho chiamato Berliner consensus, è quella più volte ribadita dalla Bundesbank, anche di di recente.

Ne ha parlato, ad esempio, Andreas Dombret, componente del board della banca centrale tedesca a un congresso pochi giorni fa, discutendo del rapporto fra crisi del debito e conseguenze per l’economia reale. Il plot è sempre lo stesso: gli eccessi bancari e il superidebitamento, privato e pubblico, hanno generato la crisi, quindi serve un maggior coordinamento delle politiche bancarie non solo per prevenire altre crisi, ma anche per avere un’economia reale più sana, competitiva e produttiva.

Lo schema è quello già illustrato pochi giorni prima da un’altra sua collega della Bundesbank: regole e responsabilità, basate su autorità indipendenti, ossia la Bce sul lato della supervisione e un’autorità di risoluzione sul lato della decisione. E poi coinvolgimento dei privati nei salvataggi bancari, a cominciare dagli azionisti fino ai depositanti. Vedi caso cipriota.

Infine, c’è un altro aspetto da considerare. Sottraendo agli stati l’onere di ricapitalizzare la banche, e ponendolo, come si vuol fare, in capo al fondo Esm si raggiunge un altro importante obiettivo. L’attivazione dell’Esm, infatti, presuppone una notevole cessione di sovranità fiscale in seno alle autorità europee da parte degli stati. Vedi caso spagnolo.

E qui il fine ultimo dell’unione bancaria, seguito logico dell’unione monetaria, emerge con chiarezza: la politica fiscale.

Una volta che la moneta (legale e bancaria) sarà unificata, rimane solo quest’ultimo tassello per completare l’operazione Ue: il governo economico delle finanze dell’area.

Ma a quel punto parleremo tutti tedesco.

Un Commento

  1. Mauro Poggi

    Se ho capito bene, la responsabilità degli Stati nella creazione di moneta bancaria va intesa nel senso che gli Stati garantiscono le banche nazionali, non che gli Stati oggi determinino le politiche di monetarie bancarie. E’ così?

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    • Maurizio Sgroi

      salve,
      si esatto. le banche sono entità private ormai e lo stato può solo salvarle, che è quello che si propone di evitare il progetto di unione bancaria. peraltro si vuole evitare che le banche comprimo bond sovrani dello stato di residenza (come è stato fatto pesantemente in questi anni specie nei GIPSI) replicando quello che facevano una volta le banche centrali, ossia finanziare il deficit pubblico. Con una differenza: le banche centrali compravano titoli di stato e rischiavano al massimo di far salire l’inflazione. le banche commerciali invece guadagnano i rendimenti degli stati, quando va bene, e rischiano il fallimento, quando va male, e quindi poi devono essere salvate con fondi pubblici.
      è questo che intendono i banchieri centrali quando parlano di spezzare il legame fra banche e debito sovrano.
      saluti e grazie per il commento

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